Catcalling

06.02.2021

Fischi, baci, suoni con cui si chiamerebbe appunto il proprio gatto, commenti, avances non richieste. “Sono complimenti”, ti dicono e qualcuna ci crede pure, sentendosi gratificata o comunque lo ritiene normale sulla scia di una cultura divulgata da un certo tipo di filmografia e televisione. I fischi e i commenti a cui ci si riferisce non sono né galanti, nè lusinghieri. Si tratta di violenza attuata con richiami, parole, parolacce. Si tratta dell'espressione di una storicizzata dinamica di potere del genere maschile su quello femminile. Si tratta della pubblica denigrazione della dignità femminile. In altri paesi questo comportamento ha un nome, appunto “catcalling”; in Italia no, e già questo dovrebbe farci capire che abbiamo un problema. Dare un nome alle cose è gia un primo passo per poterle gestire e anche cambiare. Questi commenti, questi richiami e questi gesti hanno un significato: volgarità, prevaricazione, violenza, perchè quello che si prova nel riceverli è: sensazione di disagio mista a rabbia, paura e impotenza.

Il gruppo statunitense anti-molestie Hollaback!, insieme alla Cornell University, ha condotto uno studio su scala internazionale incentrato sull'età della prima esperienza di catcalling, sui cambiamenti comportamentali delle vittime e sull'impatto emotivo di questo fenomeno. L'indagine, che ha coinvolto 22 Paesi, ha mostrato che in media l'84 per cento delle donne intervistate (16.600 in tutto) ha subìto molestie da strada prima dei 17 anni. E che l'impatto emotivo è stato nella maggior parte dei casi di rabbia, umiliazione, frustrazione. In Italia è emersa la più alta percentuale di donne che, per effetto del catcalling, hanno scelto di cambiare strada per tornare a casa, colte da paura e panico. I risultati dell'indagine rilevano anche che molte evitano di socializzare oppure di uscire la notte. Molte hanno persino cambiato modo di vestire, affermano di percepire ansia, rabbia, paura, abbassamento dell'autostima. “Sono le esperienze che ogni donna, fin da ragazzina, fa sulla propria pelle della cultura dello stupro in cui viviamo. Sono atteggiamenti che minano il sentimento di sicurezza e libertà; atteggiamenti che fanno nascere nelle donne di qualunque età insicurezza, disagio, timore e senso di colpa", come sostiene Loredana De Rosa, psicologa esperta di violenza di genere dell'Associazione Differenza Donna.

Questo fenomeno rappresenta una sorta di epidemia globale.

C'è chi si è già mosso per arginarla: in Francia, grazie a una legge promossa dalla ministra per le Pari opportunità il catcalling è diventato un reato, punibile con multe che vanno dai 90 ai 1.500 euro, a seconda che si tratti di molestia o, peggio, di intimidazione. In Italia invece, salvo qualche sporadica iniziativa di gruppi e associazioni, c'è rispetto a questa tematica di proporzioni universali, un vuoto istituzionale. Esiste una legge contro le molestie, l'articolo 660 del Codice Penale, ma non essendo il catcall riconosciuto come tale, spesso non viene applicata. Ora però, grazie ai social, dopo anni di silenzio una generazione di giovani donne  ha trovato un modo per denunciare, fare luce, portare la discussione su un palcoscenico il più ampio possibile: su Instagram molteplici sono infatti le pagine dedicate a questo fenomeno che attraverso il potere del racconto via social fanno aumentare la consapevolezza e trasformano brutti episodi in elaborazione collettiva. Instagram in questo senso può rappresentare infatti la possibilità concreta di aiutare attivamente le proprie coetanee e, allo stesso tempo, dare la possibilità di liberarsi di pesi che possono diventare insostenibili.

WannaBeSafe.Italia, spazio Instagram dedicato al tema delle molestie, ha lanciata una petizione per rendere il catcall un reato. Altre iniziative, che vengono da tutti i paesi del mondo, sono:

Catcalls of seguito dal nome di una città: si tratta di denunciare in strada qualcosa che accade in strada.I racconti di chi ha subìto una molestia vengono scritti con gessetti colorati sui marciapiedi, nelle strade e poi fotografati e postati. È nato a New York, ma si è espanso a macchia d'olio e oggi tocca anche diverse province italiane, tra cui Torino, Firenze, Roma.

Sono Solo Complimenti, progetto sarcasticamente intitolato con un pensiero comune a tantissimi uomini, e purtroppo anche donne che hanno interiorizzato la cultura patriarcale e sessista, ideato da  Martina Bellani e Tonia Peluso, rispettivamente digital strategist e sociologa, in seguito a uno sfogo pubblicato sulla pagina personale di una di loro al quale hanno risposto in tantissime confermando che i vissuti in queste circostanze sono di vergogna, timore alla denuncia, senso di colpa, paura di non essere credute, il veder sminuita la violenza dall'esterno e manipolazioni continue.

Break the Silence ITA, progetto contenitore di denuncia, confronto e informazione su tutti i tipi di molestia (che riguardi chiunque, ci tengono a precisare), anch'esso nato da un racconto di catcall diventato virale.

Per concludere si ribadisce che il messaggio fondamentale è che, come afferma Loredana De Rosa, “una donna non ha bisogno dell'apprezzamento sessuale da parte di un uomo per sentirsi riconosciuta. Le nostre identità sono più ricche e complesse di una funzione sessuale. Le giovani donne fanno benissimo a testimoniare le proprie esperienze e a smascherare la concezione comune che tali molestie siano lusinghiere. Il poter raccontare il disagio e la paura provate aumenta la consapevolezza che ad essere sbagliato non è  il vissuto delle donne, ma gli atteggiamenti molesti e violenti messi in atto dagli uomini”.