Il Bilancio di Genere

08.03.2021

In questi ultimi mesi abbiamo tanto sentito parlare di Recovery Fund e Recovery Plan. Il primo termine indica quella pioggia di denaro che arriverà in Italia in parte come sovvenzioni e in parte come prestiti, mentre con il secondo termine ci si riferisce al piano da presentare per ottenerli.

In particolare, attingendo alle definizioni ufficiali:

il Recovery Fund è un fondo speciale volto a finanziare la ripresa economica dell'Europa nel triennio 2021-2023 con titoli di Stato europei (Recovery bond) che serviranno a sostenere progetti di riforma strutturali previsti dai Piani nazionali di riforme di ogni Paese;

il Recovery Plan in Italia è il PNRR, Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, da presentare entro fine aprile alla Commissione Europea per ottenere i fondi del Recovery Fund.

Lo stanziamento complessivo è di 750 miliardi di euro, da dividere tra i diversi Stati. L'Italia e la Spagna figurano tra i maggiori beneficiari di questa misura (questo perchè sono i paesi che presentano maggiori squilibri macroeconomici): per l'italia si parla di 209 miliardi di euro di cui 127 miliardi sotto forma di prestiti e altri 82 miliardi come sovvenzioni. Il cammino dev'essere tracciato fino al 2026, con mezzi e fini; gli investimenti previsti dagli Stati Membri devono essere realizzabili entro il 2026. La prima tranche dei fondi (il 13%) potrà essere erogata solo dopo che tutti i Paesi avranno approvato la loro parte di risorse proprie e questo potrebbe rallentare tutti.

Ma i fondi europei che arriveranno all'Italia non potranno essere utilizzati a piacimento; bisognerà investirli nei settori individuati dall'Unione Europea con l'obiettivo di far ripartire l'economia europea nel post pandemia. La crisi post covid è infatti una crisi economica diversa dalle precedenti perché colpisce settori nuovi. Gli obiettivi primari riguardano:

  • la promozione della coesione economica, sociale e territoriale dell'Unione;
  • il rafforzamento della resilienza economica e sociale;
  • la mitigazione dell'impatto sociale ed economico della crisi;
  • il supporto alla transizione verde e digitale.

mentre per quanto riguarda gli obiettivi specifici, ogni Paese dovrà necessariamente inserire nel Recovery Plan misure volte ad "affrontare efficacemente" i punti deboli rilevati dal Consiglio nelle sue raccomandazioni specifiche pubblicate ogni anno e che in Italia risultano essere:

  • la lentezza della giustizia civile;
  • la bassa partecipazione di donne e giovani al mercato del lavoro;
  • i risultati scolastici tra i peggiori dell'UE;
  • l'insufficiente offerta di asili nido.

Ai Paesi Membri, l'UE chiede inoltre di fornire informazioni su quali componenti del loro Recovery Plan contribuiranno alle sette iniziative della strategia annuale per la crescita sostenibile

nell'uso delle energie rinnovabili; della riqualificazione degli edifici; della promozione di tecnologie per la mobilità pulita; della diffusione di banda larga e 5G; della digitalizzazione della pubblica amministrazione; dello sviluppo di processori più efficienti; del raddoppio della percentuale di aziende che usano big data e servizi cloud avanzati; dell'aumento delle competenze digitali; della formazione sul lavoro.

Per ottenere i fondi è necessario che nel piano presentato ci sia rilevanza con gli elementi tracciati nelle raccomandazioni; efficacia che permetta di valutare se il piano produce un impatto duraturo e se sarà efficacemente monitorato e attuato; efficienza per poter valutare se i costi sono ragionevoli e plausibili e se i sistemi di controllo prevengono, individuano e correggono la corruzione, la frode e il conflitto di interessi; coerenza tra investimenti e riforme.Riforme che devono essere:

Riforme strutturali per aumentare la resilienza economica e sociale del Paese, quali sostenibilità finanza pubblica, mercato del lavoro, tassazione, antiriciclaggio, rete di sicurezza sociale;

Riforme rilevanti per l'attuazione del Piano di recovery, e quindi annullare i colli di bottiglia degli investimenti, creare un ambiente favorevole;

Riforme per incrementare l'efficacia degli investimenti.

Il piano verrà valutato da una Commissione che avrà tre opzioni:

  • approvare il piano, e raccomandare la concessione dell'intero importo assegnato allo Stato membro;
  • approvare il piano ma raccomandare meno fondi, in quanto non convinta dei calcoli presentati dello Stato membro;
  • rifiutare il piano, in quanto non idoneo.


Fatta ora questa lunga premessa per capire a cosa serve e perchè è così utile il Bilancio di Genere, va detto che uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà è la disparità di genere.

A metà novembre del 2020, il Parlamento europeo ha chiesto che i Piani Nazionali da presentare alla Commissione Europea per accedere ai fondi siano prima sottoposti a una valutazione dell'impatto di genere, ovvero che sia misurato l'effetto che procurerebbero rispettivamente sugli uomini e sulle donne.

I primi di febbraio ho seguito un incontro on line organizzato dal Giusto Mezzo, un gruppo di donne della società civile, attive nel mondo del lavoro in diversi settori e con competenze diversificate. All'incontro erano presenti Azzurra Rinaldi, economista e docente di Economia Politica, Alexandra Geese, europarlamentare, Costanza Hermanin, docente di politica e istituzioni europee e Giovanna Badalasso, ricercatrice esperta di economia di genere, cofondatrice di ladynomics.it, che hanno parlato del Bilancio di Genere.

Durante questo incontro ho appreso che il Bilancio di Genere è un documento di bilancio che analizza e valuta in ottica di genere le scelte politiche e gli impegni economici-finanziari di un'amministrazione. Come quello sociale anche il bilancio di genere ha lo scopo di elaborare una valutazione della gestione delle risorse e dell'efficacia ed efficienza delle azioni e delle spese effettuate.

Come si legge nella pagina Pubblica Amministrazione di Qualità leggere i bilanci degli enti pubblici in chiave di genere significa integrare la prospettiva di genere a tutti i livelli della procedura di bilancio e ristrutturare le entrate e le uscite al fine di assicurare che le necessità dell'intera collettività siano prese in considerazione adeguatamente. Alla base del bilancio di genere, infatti, vi è la considerazione che esistono differenze tra uomini e donne per quanto riguarda le esigenze, le condizioni, i percorsi, le opportunità di vita, di lavoro e di partecipazione ai processi decisionali e che quindi, le politiche non siano neutre rispetto al genere ma al contrario determinino un impatto differenziato su uomini e donne.

Le disuguaglianze di genere hanno un costo a livello macroeconomico ed è quindi necessario investire più risorse per interventi strutturali su occupazione femminile, asili, servizi di cura alle persone anziane e strumenti per eliminare il gender pay gap. Si tratterebbe di investimenti «moltiplicatori», che si ripagano da soli e avrebbero ricadute economiche, sociali, culturali e demografiche.


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